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Racconti

RACCONTO FANTASY
Chiamata senza risposta

Un’altra telefonata, ancora… di nuovo!

Vabbè partiamo dal principio.

Era una sera come le altre, apparentemente tranquilla, tutto era normale.   Io e la mia famiglia, dopo aver finito ognuno i rispettivi doveri, ci eravamo riuniti nel grande tavolo della cucina tutti insieme. Fu una cena serena e silenziosa, nessuno parlava, eravamo tutti troppo stanchi. Decidemmo di accendere la tv. Al telegiornale mi colpì una notizia, a cui però non feci molto caso: era l’anniversario della morte di un’attrice molto famosa, il cui nome era Anne-Marie Belford. Era morta un sacco di tempo fa ma ancora le cause di quella morte erano sconosciute. Nonostante le innumerevoli indagini non era stata trovata nessuna pista degna di nota, o almeno così, diceva il telegiornale. Di seguito ci fu un’altra notizia un po’ spaventosa, a dire il vero: da una settimana in città accadevano cose strane e sospette. Ero tanto assorta nei miei pensieri che non prestai molta attenzione a queste notizie.

Stanchi come eravamo, andammo tutti a coricarci, ma io decisi di dare un’occhiata al mio cellulare come era mio solito fare. Ma mi dimenticai di spegnerlo. Mi stavo per addormentare, quando a mezzanotte in punto squillò il telefono e contemporaneamente iniziai a sentire strani rumori come di passi. Ero pallida, iniziai a tremare, avevo freddo e non riuscivo a muovermi, spensi istintivamente il telefono e, mi “nascosi” sotto le coperte. A mezzanotte e dieci tutto ad un tratto non sentii più nessun rumore e mi tranquillizzai un po’, ma rimasi comunque allerta. Riuscii ad addormentarmi solo verso le cinque del mattino. Il pensiero di quella telefonata mi rimase in testa procurandomi molta paura e soprattutto ansia.                                                                          Alle 7:00 in punto la sveglia suonò, mi alzai e mi preparai per la scuola. Arrivata a scuola iniziammo a discutere con le compagne del più e del meno e, alla mia compagna di banco una ragazza solare, allegra sempre col sorriso stampato in faccia, Elisa, raccontai della telefonata, e, rimasi scioccata quando lei mi raccontò che le era successa la stessa cosa.

Chiamai mia madre per chiederle il permesso di portare Elisa a casa con me nel pomeriggio, lei acconsentì, e quindi, finite le lezioni, tornammo insieme a casa mia. Il pomeriggio passò abbastanza velocemente, tra una chiacchiera e l’altra. Cenammo e andammo a letto in attesa di un’altra chiamata.

A mezzanotte si sentirono di nuovo quei passi e squillò il telefono, ma questa volta decidemmo di rispondere e una voce disse:

“Vi vedo fate attenzione, sono ovunque”

E improvvisamente cadde la linea. Spaventate cercammo di addormentarci, ma invano, sperando che tutto ciò fosse un incubo, ma non era così. L’indomani non c’era scuola e nemmeno il resto della settimana perché c’era un concorso importante, quindi, ancora spaventate, decidemmo di indagare.                                          

 Ci preparammo e andammo in biblioteca, per puro caso trovammo un libro molto antico, che parlava della nostra città dove c’erano raccontati vari decessi a cui non erano state date spiegazioni. Più leggevamo più ci rendevamo conto che tutto ciò che era scritto su quel maledetto libro era molto simile a quello che era accaduto a noi nelle due sere precedenti. Venivano chiamate da qualcuno e poi misteriosamente alla settima notte e alla settima chiamata, senza un motivo ben specifico, la morte sopraggiungeva.  - E se fosse una maledizione? -  a noi rimanevano solo tre notti prima di finire in quel libro! Discutemmo molto e alla fine, entrambe eravamo d’accordo sul fatto che, se c’era una maledizione in corso, la dovevamo sconfiggere, ma, dovevamo darci da fare e, soprattutto, scoprire qualcosa in più sulla persona che ogni notte ci telefonava, provando a parlarle - perché no, magari è anche una persona dolce - concludemmo ridendo. Guardando l’orologio mi resi conto che era quasi l’ora di cena. Wow - pensai - non ero mai stata tutto questo tempo in biblioteca in tutta la mia vita! Tornammo a casa e, senza nemmeno salutare mia madre, prendemmo due pezzi di pizza al volo in cucina e ci chiudemmo nella mia camera, ancora sconvolte da ciò che avevamo scoperto. Ormai era il secondo giorno che Elisa dormiva con me, erano due giorni che facevamo le stesse cose. Cenammo, ci misimo sotto le coperte e guardammo un po’ di tv, nell’attesa della mezzanotte.                                                  

Ormai avevamo concordato con i suoi genitori che, dato che non c’era scuola sarebbe rimasta da me tutta la settimana. Volevamo affrontare il problema insieme, in qualsiasi modo sarebbe andata questa brutta avventura, noi saremmo rimaste unite.

È mezzanotte si sentono di nuovo quei rumori a cui avevamo già fatto l’abitudine. Squilla il telefono: apro la chiamata e metto in vivavoce.

“Chi parla?

“Sono Anne-Marie Belford”

A sentire quelle parole diventai pallida, ricordavo di aver sentito quel nome in qualche posto, poi ricordai e ricollegai tutto.

“Che vuoi da noi?”                                                                                        

“Voglio passare al paradiso ma ho bisogno di aiuto perché una maledizione mi tiene qui sulla terra”

“E cosa possiamo fare noi?” 

Lei continuò dicendo che finché non venivano scoperte le cause della sua morte e finché l’assassino non veniva punito doveva rimanere sulla terra. Nella settimana della sua morte doveva torturare la gente, e, se non riuscivano ad aiutarla, la settima notte li doveva uccidere. Io ed Elisa decidemmo all’istante di aiutarla; proferite quelle parole attaccò.

È mezzanotte e dieci tutto tace, non si sente più nessun rumore ci mettiamo sotto le coperte e ci addormentiamo con un sacco di pensieri nella testa.  L’indomani non sapevamo cosa fare e come muoverci, andammo alla polizia e confessammo che, sapevamo qualcosa sulla sua morte, loro ovviamente non ci credettero perché eravamo troppo piccole per saperne qualcosa.  Passarono due giorni, in quelle due notti Anne-Marie ci aveva raccontato un sacco di cose riguardanti la notte del suo assassinio.                                                         Finalmente la polizia ci credette (non so in che modo) e, sotto il nostro consiglio, tornarono di nuovo nella casa dove era avvenuto l’assassinio. Indagando più attentamente trovarono impronte digitali e delle tracce di veleno.  Ci ritornarono il giorno dopo e sotto una mattonella trovarono una boccetta di veleno e delle lettere molto sospette, in cui l’assassino forse per errore aveva scritto il suo nome alla fine.

Lo intercettarono e aprirono un processo. Durante il processo lui confessò tutto: disse che l’aveva uccisa per vecchi rancori e l’aveva avvelenata, poi aveva nascosto le prove che lo incriminavano ed era fuggito all’estero. Noi ovviamente eravamo presenti al processo e tutte soddisfatte alle 18:00 tornammo a casa mia. Cenammo insieme alla mia famiglia e accendemmo la tv. Al telegiornale una notizia disse che era stato trovato l’assassino di Anne-Marie Belford grazie a due tredicenni. Era la settima notte, andammo in camera mia. A mezzanotte squillò il telefono, i passi… era lei!

“Grazie per tutto quello che avete fatto, ora posso andare.”                                                 

Ci addormentammo tranquille. Il giorno seguente tornammo a scuola. Ovviamente né la mia famiglia né quella di Elisa seppero mai nulla sull’accaduto.  Al ritorno da scuola andai in biblioteca a studiare; tornai a casa che era abbastanza tardi, tutti dormivano; Elisa era a casa con i suoi genitori e io non avevo nemmeno fame. Mi andai a coricare tranquilla.

A mezzanotte mi svegliai di soprassalto, era di nuovo il telefono.                                            

Guardai lo schermo e comparve la scritta: numero sconosciuto...

Beatrice 3D

Basta parlare per risolvere tutto

Un giorno, in un boschetto lontano lontano, vivevano tanti animali tra cui Porcellino e Scoiattolo.

Il piccolo Porcellino se ne stava tanto bravo davanti a tutti e poi, quando era solo con Scoiattolo lo picchiava fino a strappargli tutti i peli.

Alcuni amici di Scoiattolo, da spettatori, se ne stavano zitti, ma altri si ribellavano e parlavano di quanto accadeva senza il timore di essere picchiati a loro volta.

Un giorno Porcellino arrivò pieno di lividi: - Che cos’è successo? - chiesero in coro.

Si chiedevano: - Chi sarà stato a combinarlo così? -

Era stato lui a colpirsi perché aveva capito che quello che aveva fatto non era giusto né per lui né per Scoiattolo.

Tutti ridiventarono suoi amici: Porcellino aveva capito che per risolvere tutto basta parlare.

Porcellino andò da Scoiattolo, gli porse più volte le sue scuse e gli chiese con insistenza di fare pace.

Da quel momento Porcellino e Scoiattolo diventarono migliori amici.

 Daniele 1^C

Il micetto e il bassotto

In una casa di campagna viveva una famiglia che aveva un bassotto, un micetto e la sua mamma. Ogni volta che il gattino si allontanava dalla madre per giocare, il bassotto ne approfittava per stuzzicarlo: gli tirava la coda, lo mordicchiava sulle orecchie e gli pestava le zampe.

Tutto ciò avveniva sotto la vista del padroncino che non faceva nulla per aiutarlo.

Un giorno il micetto, stanco di tutte quelle angherie, si prese di coraggio e raccontò tutto alla sua mamma. Mamma gatta, arrabbiatissima, intimò al bassotto di non permettersi più di toccare il suo micino.

Il bassotto, spaventato, se ne andò.

La favola insegna che non si deve stare a guardare atti di bullismo senza aiutare chi si trova in difficoltà, altrimenti si diventa complici dei bulli.

 

Doriana 1^C

RACCONTO FANTASY

Chiamata senza risposta

Un’altra telefonata, ancora… di nuovo!

Vabbè partiamo dal principio.

Era una sera come le altre, apparentemente tranquilla, tutto era normale.   Io e la mia famiglia, dopo aver finito ognuno i rispettivi doveri, ci eravamo riuniti nel grande tavolo della cucina tutti insieme. Fu una cena serena e silenziosa, nessuno parlava, eravamo tutti troppo stanchi. Decidemmo di accendere la tv. Al telegiornale mi colpì una notizia, a cui però non feci molto caso: era l’anniversario della morte di un’attrice molto famosa, il cui nome era Anne-Marie Belford. Era morta un sacco di tempo fa ma ancora le cause di quella morte erano sconosciute. Nonostante le innumerevoli indagini non era stata trovata nessuna pista degna di nota, o almeno così, diceva il telegiornale. Di seguito ci fu un’altra notizia un po’ spaventosa, a dire il vero: da una settimana in città accadevano cose strane e sospette. Ero tanto assorta nei miei pensieri che non prestai molta attenzione a queste notizie.

Stanchi come eravamo, andammo tutti a coricarci, ma io decisi di dare un’occhiata al mio cellulare come era mio solito fare. Ma mi dimenticai di spegnerlo. Mi stavo per addormentare, quando a mezzanotte in punto squillò il telefono e contemporaneamente iniziai a sentire strani rumori come di passi. Ero pallida, iniziai a tremare, avevo freddo e non riuscivo a muovermi, spensi istintivamente il telefono e, mi “nascosi” sotto le coperte. A mezzanotte e dieci tutto ad un tratto non sentii più nessun rumore e mi tranquillizzai un po’, ma rimasi comunque allerta. Riuscii ad addormentarmi solo verso le cinque del mattino. Il pensiero di quella telefonata mi rimase in testa procurandomi molta paura e soprattutto ansia.                                                                          Alle 7:00 in punto la sveglia suonò, mi alzai e mi preparai per la scuola. Arrivata a scuola iniziammo a discutere con le compagne del più e del meno e, alla mia compagna di banco una ragazza solare, allegra sempre col sorriso stampato in faccia, Elisa, raccontai della telefonata, e, rimasi scioccata quando lei mi raccontò che le era successa la stessa cosa.

Chiamai mia madre per chiederle il permesso di portare Elisa a casa con me nel pomeriggio, lei acconsentì, e quindi, finite le lezioni, tornammo insieme a casa mia. Il pomeriggio passò abbastanza velocemente, tra una chiacchiera e l’altra. Cenammo e andammo a letto in attesa di un’altra chiamata.

A mezzanotte si sentirono di nuovo quei passi e squillò il telefono, ma questa volta decidemmo di rispondere e una voce disse:

“Vi vedo fate attenzione, sono ovunque”

E improvvisamente cadde la linea. Spaventate cercammo di addormentarci, ma invano, sperando che tutto ciò fosse un incubo, ma non era così. L’indomani non c’era scuola e nemmeno il resto della settimana perché c’era un concorso importante, quindi, ancora spaventate, decidemmo di indagare.                                          

 Ci preparammo e andammo in biblioteca, per puro caso trovammo un libro molto antico, che parlava della nostra città dove c’erano raccontati vari decessi a cui non erano state date spiegazioni. Più leggevamo più ci rendevamo conto che tutto ciò che era scritto su quel maledetto libro era molto simile a quello che era accaduto a noi nelle due sere precedenti. Venivano chiamate da qualcuno e poi misteriosamente alla settima notte e alla settima chiamata, senza un motivo ben specifico, la morte sopraggiungeva.  - E se fosse una maledizione? -  a noi rimanevano solo tre notti prima di finire in quel libro! Discutemmo molto e alla fine, entrambe eravamo d’accordo sul fatto che, se c’era una maledizione in corso, la dovevamo sconfiggere, ma, dovevamo darci da fare e, soprattutto, scoprire qualcosa in più sulla persona che ogni notte ci telefonava, provando a parlarle - perché no, magari è anche una persona dolce - concludemmo ridendo. Guardando l’orologio mi resi conto che era quasi l’ora di cena. Wow - pensai - non ero mai stata tutto questo tempo in biblioteca in tutta la mia vita! Tornammo a casa e, senza nemmeno salutare mia madre, prendemmo due pezzi di pizza al volo in cucina e ci chiudemmo nella mia camera, ancora sconvolte da ciò che avevamo scoperto. Ormai era il secondo giorno che Elisa dormiva con me, erano due giorni che facevamo le stesse cose. Cenammo, ci misimo sotto le coperte e guardammo un po’ di tv, nell’attesa della mezzanotte.                                                  

Ormai avevamo concordato con i suoi genitori che, dato che non c’era scuola sarebbe rimasta da me tutta la settimana. Volevamo affrontare il problema insieme, in qualsiasi modo sarebbe andata questa brutta avventura, noi saremmo rimaste unite.

È mezzanotte si sentono di nuovo quei rumori a cui avevamo già fatto l’abitudine. Squilla il telefono: apro la chiamata e metto in vivavoce.

“Chi parla?

“Sono Anne-Marie Belford”

A sentire quelle parole diventai pallida, ricordavo di aver sentito quel nome in qualche posto, poi ricordai e ricollegai tutto.

“Che vuoi da noi?”                                                                                        

“Voglio passare al paradiso ma ho bisogno di aiuto perché una maledizione mi tiene qui sulla terra”

“E cosa possiamo fare noi?” 

Lei continuò dicendo che finché non venivano scoperte le cause della sua morte e finché l’assassino non veniva punito doveva rimanere sulla terra. Nella settimana della sua morte doveva torturare la gente, e, se non riuscivano ad aiutarla, la settima notte li doveva uccidere. Io ed Elisa decidemmo all’istante di aiutarla; proferite quelle parole attaccò.

È mezzanotte e dieci tutto tace, non si sente più nessun rumore ci mettiamo sotto le coperte e ci addormentiamo con un sacco di pensieri nella testa.  L’indomani non sapevamo cosa fare e come muoverci, andammo alla polizia e confessammo che, sapevamo qualcosa sulla sua morte, loro ovviamente non ci credettero perché eravamo troppo piccole per saperne qualcosa.  Passarono due giorni, in quelle due notti Anne-Marie ci aveva raccontato un sacco di cose riguardanti la notte del suo assassinio.                                                         Finalmente la polizia ci credette (non so in che modo) e, sotto il nostro consiglio, tornarono di nuovo nella casa dove era avvenuto l’assassinio. Indagando più attentamente trovarono impronte digitali e delle tracce di veleno.  Ci ritornarono il giorno dopo e sotto una mattonella trovarono una boccetta di veleno e delle lettere molto sospette, in cui l’assassino forse per errore aveva scritto il suo nome alla fine.

Lo intercettarono e aprirono un processo. Durante il processo lui confessò tutto: disse che l’aveva uccisa per vecchi rancori e l’aveva avvelenata, poi aveva nascosto le prove che lo incriminavano ed era fuggito all’estero. Noi ovviamente eravamo presenti al processo e tutte soddisfatte alle 18:00 tornammo a casa mia. Cenammo insieme alla mia famiglia e accendemmo la tv. Al telegiornale una notizia disse che era stato trovato l’assassino di Anne-Marie Belford grazie a due tredicenni. Era la settima notte, andammo in camera mia. A mezzanotte squillò il telefono, i passi… era lei!

“Grazie per tutto quello che avete fatto, ora posso andare.”                                                 

Ci addormentammo tranquille. Il giorno seguente tornammo a scuola. Ovviamente né la mia famiglia né quella di Elisa seppero mai nulla sull’accaduto.  Al ritorno da scuola andai in biblioteca a studiare; tornai a casa che era abbastanza tardi, tutti dormivano; Elisa era a casa con i suoi genitori e io non avevo nemmeno fame. Mi andai a coricare tranquilla.

A mezzanotte mi svegliai di soprassalto, era di nuovo il telefono.                                            Guardai lo schermo e comparve la scritta: numero sconosciuto...

Beatrice 3D

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